Cavolfiore

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Cos’è:
Il cavolfiore è un ortaggio, un vegetale appartenente alla famiglia Cruciferae che prendono anche il nome di Brassicaceae. E’ composto da un’infiorescenza commestibile, che varia anche di colorazione, chiamata testa o palla.
Si pensa che questo vegetale provenga dal Medio Oriente e che fu portato in Italia durante l’Impero Romano. A diffonderlo in tutta Europa fu la corte di Luigi XIV che lo utilizzò non solo per creare diversi manicaretti per il re ma anche come elemento scenografico per i suoi lussuosi banchetti.

Come utilizzarlo in cucina:
Solitamente il cavolfiore viene cotto al vapore ed insaporito poi con altri ingredienti in padella. In realtà può essere consumato crudo (conservandolo anche sott’aceto), bollito, gratinato, nelle minestre, come ingrediente base per le vellutate o per la pasta. Si presta molto bene come contorno, per arricchire i primi piatti o anche per i secondi. Quasi sempre viene cotto suddividendo le cimette, metodo che agevola notevolmente i tempi di cottura. Forse non tutti sanno che per rendere il cavolfiore maggiormente digeribile è possibile aggiungere origano, semi di finocchio o zenzero in fase di cottura o direttamente nel condimento.
Per scegliere in fase d’acquisto un prodotto fresco dovremmo prediligere un cavolfiore ben chiuso e compatto, con un’ inflorescenza soda e non macchiata. Le sue foglie esterne dovranno aderire alla testa e non essere morbide. Essendo questo un ortaggio molto delicato e facile al deterioramento, è importante sapere che trovarlo leggermente annerito è sinonimo di prolungata o cattiva conservazione. Per pulirlo invece basterà porlo su un tagliere e, una volta eliminate le foglie esterne, accorciare il tronco centrale. In questo modo le varie cimette saranno in vista e potranno essere tagliate a loro volta prima essere lavate accuratamente con acqua fredda.

Varietà:
Esistono diverse varianti di cavolfiore che si distinguono principalmente a seconda del tempo impiegato per la maturazione. Alcune tipologie infatti germogliano ad ottobre, altre a novembre e dicembre, altre ancora a gennaio e febbraio e quelle più tardive si raccolgono tra marzo e maggio.
Come abbiamo accennato più su, esistono cavolfiori da distinguere anche per il loro colore. Tra quelli bianchi c’è il “palla di neve” ideale con pasta e zuppe; il “precoce di Jesi” utilizzato pastellato e fritto oppure a crudo; il “gigante di Napoli” tipico con la pasta o lessato per l’insalata di rinforzo, un piatto partenopeo; dal colore giallo-verde brillante c’è quello “romanesco” usato lesso, con la pasta o pastellato e fritto; con il suo particolare colore lilla c’è il “violetto di Sicilia”, ottimo principalmente per minestroni. Questi sono solo i più conosciuti!

Benefici:
Il cavolfiore è un alimento fondamentale per apportare calcio, fosforo, acido folico, potassio, ferro e vitamina C. Le sue proprietà controllano i livelli di zucchero nel sangue e per questo è particolarmente indicato in caso di diabete. Grazie ai suoi principi attivi, inoltre, possiamo definirlo un antibatterico, antinfiammatorio, antiossidante ed anticancro, soprattutto all’ulcera, colon e prostata. Dopo studi approfonditi si è notato che chi fa un’alimentazione ricca di cavolfiori, ma anche cavoli, broccoli e cavoletti di Bruxelles, ha il 49% in meno di possibilità di ammalarsi, grazie al contrasto dell’azione degenerativa dei radicali liberi. Cura l’anemia, è rimineralizzante, aiuta la rigenerazione dei tessuti ed è depurativo. Centrifugando il cavolfiore e diluendo circa 2-3 cucchiai del suo succo con acqua e limone possiamo aiutarci a combattere le malattie da raffreddamento. E’ sicuramente un toccasana e consumarlo più volte durante la settimana è importante per tutto l’organismo. Non dimentichiamo che ha un potere saziante e che con le sue sole 25 kcal per 100 g è indicato anche nelle diete dimagranti.

Piccola curiosità:
Al momento della cottura il cavolfiore emana un odore molto forte. Questo succede perché ha un elevato contenuto di zolfo che tende ad evaporare. Per eliminare l’odore basta semplicemente aggiungere all’acqua di cottura una mollica di pane imbevuta d’aceto.

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